Accademia di Belle Arti di TORINO "Albertina"
Descrizione

Accademia di Belle Arti di TORINO “Albertina”

Corsi

Offerta formativa


Pittura

Nuove tecnologie dell’arte

Scultura

Progettazione artistica per l’impresa

Decorazione

Comunicazione e valorizzazione del patrimonio artistico contemporaneo

Grafica

Didattica dell’arte

Scenografia

Corso libero del nudo

Scheda

Storia

Anche se il nome di “Albertina” rimanda a Carlo Alberto di Savoia, a cui si deve la decisiva “rifondazione” dell’Accademia nel 1833, le origini di questa sono molto più remote, tanto che l’Accademia torinese si può considerare una delle più antiche d’Italia.

Già nella prima metà del Seicento è attiva a Torino una “Università dei Pittori, Scultori e Architetti”, che diventa nel 1652 “Compagnia di S. Luca”, e che assumerà per la prima volta – ma definitivamente – l’appellativo di Accademia nel 1678, quando Maria Giovanna di Savoia-Nemours, vedova di Carlo Emanuele II, fonda l’Accademia dei Pittori, Scultori e Architetti, ispirandosi al modello dell’Académie Royale di Parigi.

Dopo altre riforme, sotto Vittorio Amedeo III (1778) e poi durante la dominazione napoleonica, intorno al 1833 si attua una vera e propria “rifondazione” ad opera di Carlo Alberto: alla “Regia Accademia Albertina” viene assegnata una nuova sede nell’edificio tuttora occupato; l’Accademia viene inoltre dotata di una significativa Pinacoteca, dove confluiscono le collezioni del marchese Monsignor Mossi di Morano e i preziosi cartoni gaudenziani già di proprietà sabauda.

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento l’Accademia accompagna degnamente il passaggio dal realismo all’arte nuova, nella direzione dell’eclettismo, del Liberty e di un rinnovamento delle tematiche, con la pittura di paesaggio e di genere, che vede come protagonisti Antonio Fontanesi, Giacomo Grosso, Cesare Ferro, e con la scultura di Vincenzo Vela, Odoardo Tabacchi ed Edoardo Rubino.

L’Albertina consuma l’ultima svolta a cominciare dall’inizio degli Anni Quaranta, con l’apporto di alcuni significativi rappresentanti della cultura figurativa torinese aggiornati sui modelli dell’avanguardia mitteleuropea e francese: Casorati, Paulucci e successivamente Menzio per la pittura, Cherchi per la scultura, Calandri per l’incisione, Kaneclin per la scenografia, ottimamente coadiuvati da validi assistenti come Galvano, Scroppo, Davico, che documentano gli sviluppi dell’arte nell’immediato dopoguerra.

In questi ultimi anni l’Accademia Albertina si è ulteriormente trasformata e rinnovata, promuovendo numerose iniziative didattiche e culturali. Da segnalare, nella fattispecie, la riorganizzazione e la riapertura al pubblico della Pinacoteca, il restauro del palazzo e la razionalizzazione degli spazi interni (tuttora in corso), l’intensa attività di mostre, conferenze, seminari e manifestazioni, la massiccia introduzione dell’informatica nell’Accademia e l’istituzione del nuovo corso sperimentale di Conservazione e Restauro a partire dall’anno scolastico 1997-98.

Sede

Su quest’area, e utilizzando in parte l’ala est del chiostro, ad opera di Giuseppe Talucchi fu progettato e realizzato, tra il 1820 e il 1930, l’edificio che ospita ancor oggi l’Accademia Albertina, e che ad essa fu donato sin dal 1833 da Carlo Alberto, nell’ambito della “rifondazione” dell’Accademia stessa da lui voluta e realizzata.

L’Accademia Albertina è situata nell’antica “Isola di S. Francesco da Paola”, sede dell’omonimo convento annesso alla chiesa tuttora esistente, la cui facciata si trova su quella che si chiamava allora “Contrada di Po”, e che la toponomastica attuale designa come via Po.

Il suo percorso obliquo divenne l’arteria principale del quartiere “Borgo Nuovo” in cui si erano concentrati, sin dal tardo medioevo, edifici istituzionali come lo Studium (l’attuale Università di Torino) inaugurato nel 1404, un’accademia militare, studi professionali e, in seguito, anche l’Accademia Albertina di Belle Arti. Il suo compito era congiungere piazza Castello, cuore del potere sabaudo, con quella che fino alla fine del XVIII secolo era la Piazza d’Armi della città, ovvero l’attuale piazza Vittorio Veneto.

Inoltre, la via segnava la strada per Chieri e il Monferrato, che partiva dal vecchio ponte sul Po, che sorgeva nei pressi dell’attuale Ponte Vittorio Emanuele I e che era l’unico varco che consentiva di superare il fiume Po.

L’imponente facciata disegnata da Talucchi occupa per intero il lato est dell’isola, e si prolunga in una ulteriore manica a sud, ospitando oggi, oltre a numerose Scuole dotate di ampi spazi, la ricca Biblioteca Storica e la pregevole Pinacoteca, estendendosi per ben cinque piani fuori terra.

 

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